Sono d’accordo con voi nel ritenere che l’abilitazione così concepita non abbia senso, in quanto i concorsi locali sono in pratica “chiusi” agli esterni ed è impossibile realizzare un minimo di circolazione degli studiosi tra una sede e l’altra. I posti non ci sono e le idoneità sono una specie di contentino.
Se andiamo a leggere le biografie dei professori dell’800 o del ‘900 ci accorgiamo che cambiavano frequentemente di università. Oggi è praticamente impossibile: si fa carriera solo nella propria università e, salvo casi rarissimi, non si può aspirare a un cambiamento. Esattamente il contrario dell’idea di comunità della scienza.
Purtroppo sono un po’ scettico perché personalmente ho fatto l’ultimo concorso nazionale da associato e poi il concorso locale con le terne da ordinario. La mia impressione è che il “genio italico” riesca a controllare e ad adattare ogni sistema ai suoi obiettivi.
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Di: Paolo_A
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